TITOLO: La contrada dei tagliatori di pietra
AUTORE: Flavia Guzzo
GENERE: Romanzo
PREZZO: /
PREZZO
EBOOK: 5,99
CASA
EDITRICE: StreetLib Selfpublishing
TRAMA
Enego,
l'Altopiano di Asiago, le donne, la guerra: un romanzo sulla vita
nell'Altopiano di Asiago a inizio '900, sulla Grande Guerra, sull'esodo totale
dell'Altopiano di Asiago avvenuto fra il 1916 ed il 1917.
1901: Teresa, della Contrada dei Tagliatori di pietra, Altopiano d’Asiago, ha una madre vedova, donna passionale, che a sessant’anni suonati morirà fra le braccia di uno sconosciuto venuto da chissà dove, ha una sorella, Antonia, bigotta intransigente ed ipocrita, che, pur se vergine ed inesperta, non esiterà a forzare il suo facoltoso ma pio fidanzato ad un rapporto sessuale per guadagnarsi il desiderato matrimonio, e ha un amore, Meni, per il quale manderà a monte il suo matrimonio a pochi giorni dalle nozze.
Corteggiata dal capitano Osvaldo, giovane di buona famiglia attratto dal nascente movimento futurista e dalla bellezza un po’ brusca di Teresa, consigliata dalla vecchia Perpetua Italia, che deve il nome ad un padre attivista nei moti anti-austriaci del ‘48, l’infedele ed eccessiva Teresa trascorre una vita tranquilla, o quasi, in compagnia del marito Meni, dei suoi figli, dei tanti parenti e conoscenti della contrada. Si occupa delle sue vacche, del suo orto e, di quando in quando, di contrabbando di tabacco.
Fino a che il giovane Gavrilo, a Sarajevo uccide con pochi precisi colpi di pistola l’arciduchessa Sofia e l’erede al trono di Austria-Ungheria, scatenando la Grande Guerra.
Una guerra dura durante la quale nulla sarà risparmiato a Teresa e ai suoi figli: battaglie cruente alle porte di casa e lunghi ed ansiosi periodi di stasi; poi, dopo l’irruzione dei soldati d’Austria-Ungheria a Caporetto, la lunga fuga forzata che li porterà, profughi e senza nulla, fino a Campobasso; infine, l’incontro con la peste del secolo, la terribile febbre Spagnola. Li accompagneranno nei duri anni di guerra e dell’esilio, buoni amici e nemici insidiosi: fra i tanti, Suor Matilda, che si cura dei soldati feriti con energica competenza ed un linguaggio non proprio consono alle sue vesti di religiosa; Edoardo, nella vita civile attore di teatro che, ferito in guerra, perderà un piede ma non il suo senso dell’umorismo; la graziosa Emma, maestra dei figli di Teresa che, a detta di tutti, ragiona meglio di un Generale con gradi e stellette; il cavalleresco Maggiore Donelli, che perdonerà a Teresa un’uscita poco felice; lo squallido tesoriere, che proporrà a Teresa profuga un ora di sesso in cambio del sospirato sussidio. Fino alla fine, il 4 novembre del 1918, in cui niente sarà più come prima.
1901: Teresa, della Contrada dei Tagliatori di pietra, Altopiano d’Asiago, ha una madre vedova, donna passionale, che a sessant’anni suonati morirà fra le braccia di uno sconosciuto venuto da chissà dove, ha una sorella, Antonia, bigotta intransigente ed ipocrita, che, pur se vergine ed inesperta, non esiterà a forzare il suo facoltoso ma pio fidanzato ad un rapporto sessuale per guadagnarsi il desiderato matrimonio, e ha un amore, Meni, per il quale manderà a monte il suo matrimonio a pochi giorni dalle nozze.
Corteggiata dal capitano Osvaldo, giovane di buona famiglia attratto dal nascente movimento futurista e dalla bellezza un po’ brusca di Teresa, consigliata dalla vecchia Perpetua Italia, che deve il nome ad un padre attivista nei moti anti-austriaci del ‘48, l’infedele ed eccessiva Teresa trascorre una vita tranquilla, o quasi, in compagnia del marito Meni, dei suoi figli, dei tanti parenti e conoscenti della contrada. Si occupa delle sue vacche, del suo orto e, di quando in quando, di contrabbando di tabacco.
Fino a che il giovane Gavrilo, a Sarajevo uccide con pochi precisi colpi di pistola l’arciduchessa Sofia e l’erede al trono di Austria-Ungheria, scatenando la Grande Guerra.
Una guerra dura durante la quale nulla sarà risparmiato a Teresa e ai suoi figli: battaglie cruente alle porte di casa e lunghi ed ansiosi periodi di stasi; poi, dopo l’irruzione dei soldati d’Austria-Ungheria a Caporetto, la lunga fuga forzata che li porterà, profughi e senza nulla, fino a Campobasso; infine, l’incontro con la peste del secolo, la terribile febbre Spagnola. Li accompagneranno nei duri anni di guerra e dell’esilio, buoni amici e nemici insidiosi: fra i tanti, Suor Matilda, che si cura dei soldati feriti con energica competenza ed un linguaggio non proprio consono alle sue vesti di religiosa; Edoardo, nella vita civile attore di teatro che, ferito in guerra, perderà un piede ma non il suo senso dell’umorismo; la graziosa Emma, maestra dei figli di Teresa che, a detta di tutti, ragiona meglio di un Generale con gradi e stellette; il cavalleresco Maggiore Donelli, che perdonerà a Teresa un’uscita poco felice; lo squallido tesoriere, che proporrà a Teresa profuga un ora di sesso in cambio del sospirato sussidio. Fino alla fine, il 4 novembre del 1918, in cui niente sarà più come prima.
RECENSIONE
Mi sono avvicinata a questo libro con
reverenza e anche con un po’ di perplessità, conoscendo poco e niente della
storia dell’Altopiano di Asiago.
Invece mi sono subito trovata a mio
agio, dopo un’introduzione che spiega il contesto storico in cui si dipana la
storia e un prologo degno dei Promessi Sposi, uno di quelli che ti fa capire
che la storia che ti accingi a leggere è una storia in parte di fantasia e in
parte vera poiché inserita in un contesto reale che in questo caso è quello
della Grande Guerra e anche ispirata al vissuto personale della famiglia dell’autrice
Flavia Guzzo.
La protagonista di questa storia è
Teresa, bionda, bella, forse un po’ troppo alta per essere una ragazza, ma
dotata di un gran carattere e di una forza eccezionale: la forza del cuore, che
la spronerà a ribellarsi contro un destino ingiusto che la guerra vuole imporle
e a difendere con le unghie e con i denti i suoi affetti più preziosi.
L’amore di Teresa per le sue montagne è
forse una delle cose che più mi ha fatto venire in mente la similitudine con l’opera
dei Promessi Sposi: il sentimento viscerale che Teresa prova per la sua terra
non è dissimile da quello che Lucia prova per i suoi adorati monti, e la sprona
a combattere per farvi ritorno.
In mezzo alle sue vicende, scopriamo la
vita di tutto un paese, di una contrada: uomini, donne, anziani e bambini “colpevoli”
soltanto di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato e che
dovranno soffrire e lottare per riappropriarsi di ciò che gli è stato
strappato.
Non faccio spoiler sul finale, ma
preparate i fazzoletti perché strazia il cuore.
Cosa dire dello stile... lo stile dell’autrice
è scorrevole, ben definito nelle descrizioni e anche arricchito dai pensieri
dei personaggi che si mescolano alle azioni rendendo il ritmo della lettura
incalzante.
Complimenti per l’accuratezza delle
informazioni, che denota una minuziosità nello studio dei documenti dell’epoca.
“Ma
una volta ammirata la bella e drammatica immagine, coi colori così realistici e
quel sangue che sembrava quasi vero, e quel ragazzo spiritato con l'arma da
fuoco sfoderata, ognuno se ne tornava a casa propria. A vivere la vita, dura e
serena ed usuale, nei pascoli e nei boschi del Paese e delle Contrade. Quanto
sembrava lontana, la Guerra...”
GIUDIZIO
Da leggere, anche per conoscere una
parte della nostra storia collettiva.