Traduzione mezza pubblicazione.
Nel senso che una buona traduzione dà pregio a un libro e una brutta
traduzione ne abbassa la qualità e il recensore ne deve sempre tenere conto.
In che senso?
Nel senso che prima di sparare a zero su un’opera si deve fare la
differenza fra l’opera e la traduzione, perché molto spesso i libri in lingua
originale sono validissimi ma le traduzioni fanno pena.
Un caso eclatante sono i libri della saga di Harry Potter (e meno male
che ci si è messo lo staff Bartezzaghi a tradurli, altrimenti...) o ancora I signori dei Sith di cui vi avevo parlato tempo fa, o i libri del mio amato
Angolo del suicidio (il gruppo Francy&Alex Translations traduce in modo
pietoso, mai mi stancherò di dirlo: non ho ancora compreso se le traduttrici
siano analfabete o se proprio scrivono così male).
Libri belli o almeno accettabili in lingua originale, pessimi dopo la
traduzione.
Tutto perché i nuovi traduttori sono spesso incompetenti, si fanno
aiutare da programmi come Google Translator e sono convinti che parlare (o
scimmiottare) una lingua straniera significhi saperla tradurre.
Niente di più sbagliato.
Come dice Mario Luzi: “la traduzione di fatto si risolve in un oscuro
patteggiamento di concessioni, di resistenze, di pretese senza prova di
legittimità tra autore e autore.”
In pratica, un libro tradotto non corrisponderà mai all'originale, né in contenuti e nemmeno nei nomi dei luoghi o dei personaggi (un giorno qualcuno mi spiegherà come Severus Snape diventò Severus Piton o Neville Longbottom diventò Neville Paciok. Uguali, non c'è che dire).
Volenti o nolenti, la triste storia è questa qua.
Pertanto, se volete recensire un libro straniero, sottolineate sempre
la differenza fra la storia così com’è stata scritta e la storia tradotta.
È importante e rende onore a quegli scrittori ingiustamente
bistrattati.