Oggi, per i post della serie “Il bravo recensore”, voglio affrontare un
argomento decisamente spinoso su cui pochissimi si soffermano.
Autopubblicazione contro pubblicazione.
L’autopubblicazione o self publishing, nasce nel 2009 con i primi
kindle ed è il modo di pubblicare un libro senza ricorrere ad un editore. Il
self publishing si basa sulla presenza di un sito o piattaforma on line dove
l’autore ha la possibilità di creare il proprio libro e poi di metterlo in
vendita.
Le vendite digitali e cartacee avvengono attraverso internet e possono
prevedere il coinvolgimento di punti vendita tradizionali, come le librerie,
che possono occuparsi di raccogliere gli ordini e poi di consegnare la copia
ordinata al lettore.
Non esistono contratti di pubblicazione a tempo, ogni libro ha un ISBN
legalmente registrato e l’autore non deve cedere i suoi diritti.
Ovviamente la piattaforma di pubblicazione svolge le mansioni
commerciali di un editore normale e guadagna le sue royalties.
Del self publishing se ne dicono peste e corna, e moltissimi recensori
(soprattutto fra i blogger) si rifiutano categoricamente di recensire libri autopubblicati
con le seguenti giustificazioni: le opere self publishing fanno schifo, non
sono bene editate, sono brutti perché la maggior parte escono solo in formato
digitali, non sono seri...
Tutte stronzate.
Ora vi svelo un paio di altarini.
Il self publishing ha messo al muro le case editrici di tutto il mondo,
svelando un fatto già stranoto ma di cui nessuno parlava.
Le case editrici non solo hanno contratti assurdi dove lo scrittore è
costretto a cedere tutti i diritti delle sue opere, ma pubblicano sotto “raccomandazione”
(fate conto che il 90% dei nuovi grandi nomi sono tutti pompati dalle case
editrici per guadagnare il più possibile) e soprattutto costringono gli autori
a pagare per vedere il libro pubblicato.
Questo alle case editrici non è andata bene e hanno quindi iniziato una
campagna pubblicitaria negativa contro le aziende di self publishing giungendo
persino a pagare molti recensori on line e non affinché denigrino costantemente
i libri autopubblicati oppure li ignorino completamente (motivo per cui per
esempio, su un giornale, non leggerete mai una recensione su un libro autopubblicato).
Personalmente sono di questa idea: il vero recensore, non il prezzolato
di turno o “l’amico dello scrittore tal dei tali” o “il sostenitore della casa
editrice di qualità”, deve leggere sia libri self publishing che libri
pubblicati dalla grande editoria.
Il bello e il brutto li trovate dappertutto, dicasi lo stesso per
eventuali refusi e (il cielo non voglia) errori.
Le storie interessanti non dipendono dall’editore o dall’azienda self
publishing, ma dal talento dello scrittore.
Perciò, se volete diventare bravi recensori, non turatevi il naso
ammantandovi di cazzate.
Leggete, punto e basta.