TITOLO: Fiori sopra l’inferno
AUTORE: Ilaria Tuti
GENERE: Thriller
CASA
EDITRICE: Longanesi
TRAMA
«Tra
i boschi e le pareti rocciose a strapiombo, giù nell'orrido che conduce al
torrente, tra le pozze d'acqua smeraldo che profuma di ghiaccio, qualcosa si
nasconde. Me lo dicono le tracce di sangue, me lo dice l'esperienza: è
successo, ma potrebbe risuccedere. Questo è solo l'inizio. Qualcosa di
sconvolgente è accaduto, tra queste montagne. Qualcosa che richiede tutta la
mia abilità investigativa. Sono un commissario di polizia specializzato in
profiling, e ogni giorno cammino sopra l'inferno. Non è la pistola, non è la
divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il
corpo acciaccato dall'età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia
lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l'indagine. Mi chiamo
Teresa Battaglia, ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e
per la prima volta nella vita ho paura».
RECENSIONE
Non fatevi ingannare dalla trama, per
fortuna il libro è scritto in terza persona.
Ci tenevo a dirlo a scanso di equivoci!
Dunque, vediamo un po’ da dove
cominciare. Prima ancora che mi inviassero questo libro da recensire sapevo chi
era Ilaria Tuti e non perché avessi mai letto qualcosa di lei ma perché praticamente era un caso
editoriale ancora prima della pubblicazione del romanzo.
Me l’hanno presentata come la versione
femminile di Donato Carrisi e di Jo Nesbø, quindi ero partita con l’aspettativa
di leggere un thriller pazzesco.
E all’inizio tutto andava bene.
Il bosco, unico vero protagonista del
libro, si presentava benissimo come un cattivo d’eccellenza che domina
imperituro sul paese dove Teresa Battaglia e gli altri personaggi del libro si
muovono cercando di risolvere il caso di omicidio.
Poi sono iniziati i problemi, che vi
elenco di seguito.
Teresa è empatica come un merluzzo, dice
di avere una memoria di ferro ma soffre di Alzheimer (dai ma parliamo sul serio?!), è maleducata e
presuntuosa all’inverosimile.
Il suo “pov” si sovrappone a quello
degli altri personaggi, creando un mescolone insopportabile.
Lo stile dell’autrice è lento, pieno di
retorica fine a se stessa e di “furbate” atte solo ad allungare la narrazione
che non porta da nessuna parte già dopo la trentesima pagina.
Diciamo che questo ennesimo caso
editoriale ce lo potevano pure risparmiare.
“Il
corvo giaceva a lato del sentiero, le piume dai riflessi violacei in disordine
e il becco spalancato. Una macchia di sangue aveva impregnato la terra sotto il
ventre gonfio, ma era già secca nonostante l’umidità del pomeriggio.
Chissà
da quanto tempo la bestiola era lì, un occhio vitreo puntato sul cielo che
prometteva neve, l’altro perso chissà dove.”
GIUDIZIO
Una palla al piede.