4 dic 2019

Fiori sopra l'inferno




TITOLO: Fiori sopra l’inferno
AUTORE: Ilaria Tuti
GENERE: Thriller
CASA EDITRICE: Longanesi

TRAMA
«Tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo, giù nell'orrido che conduce al torrente, tra le pozze d'acqua smeraldo che profuma di ghiaccio, qualcosa si nasconde. Me lo dicono le tracce di sangue, me lo dice l'esperienza: è successo, ma potrebbe risuccedere. Questo è solo l'inizio. Qualcosa di sconvolgente è accaduto, tra queste montagne. Qualcosa che richiede tutta la mia abilità investigativa. Sono un commissario di polizia specializzato in profiling, e ogni giorno cammino sopra l'inferno. Non è la pistola, non è la divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il corpo acciaccato dall'età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l'indagine. Mi chiamo Teresa Battaglia, ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e per la prima volta nella vita ho paura».

RECENSIONE
Non fatevi ingannare dalla trama, per fortuna il libro è scritto in terza persona.
Ci tenevo a dirlo a scanso di equivoci!
Dunque, vediamo un po’ da dove cominciare. Prima ancora che mi inviassero questo libro da recensire sapevo chi era Ilaria Tuti e non perché avessi mai letto qualcosa di lei ma perché praticamente era un caso editoriale ancora prima della pubblicazione del romanzo.
Me l’hanno presentata come la versione femminile di Donato Carrisi e di Jo Nesbø, quindi ero partita con l’aspettativa di leggere un thriller pazzesco.
E all’inizio tutto andava bene.
Il bosco, unico vero protagonista del libro, si presentava benissimo come un cattivo d’eccellenza che domina imperituro sul paese dove Teresa Battaglia e gli altri personaggi del libro si muovono cercando di risolvere il caso di omicidio.
Poi sono iniziati i problemi, che vi elenco di seguito.
Teresa è empatica come un merluzzo, dice di avere una memoria di ferro ma soffre di Alzheimer (dai ma parliamo sul serio?!), è maleducata e presuntuosa all’inverosimile.
Il suo “pov” si sovrappone a quello degli altri personaggi, creando un mescolone insopportabile.
Lo stile dell’autrice è lento, pieno di retorica fine a se stessa e di “furbate” atte solo ad allungare la narrazione che non porta da nessuna parte già dopo la trentesima pagina.
Diciamo che questo ennesimo caso editoriale ce lo potevano pure risparmiare.

“Il corvo giaceva a lato del sentiero, le piume dai riflessi violacei in disordine e il becco spalancato. Una macchia di sangue aveva impregnato la terra sotto il ventre gonfio, ma era già secca nonostante l’umidità del pomeriggio.
Chissà da quanto tempo la bestiola era lì, un occhio vitreo puntato sul cielo che prometteva neve, l’altro perso chissà dove.”

GIUDIZIO
Una palla al piede.