4 apr 2019

L'amica geniale (saga)




TITOLO: L’amica geniale (saga composta da quattro volumi)
AUTORE: Elena Ferrante
GENERE: Narrativa
CASA EDITRICE: E/O

TRAMA
Le due bambine si tengono la mano su per la scala buia e polverosa della vita. Il loro mondo è quello di un rione povero di Napoli, pare un paese sperduto, la città è appena dietro la collina ma sembra già un’altra realtà. Nelle strade, fra i palazzi la voce della violenza impesta l’aria, memorie di tempi lontani che affondano le radici ben prima della nascita delle due protagoniste del libro di Elena Ferrante, L’amica geniale. L’infanzia di Lila e Lenù è un’infanzia di brutalità, di pietre in faccia, di sangue, di urla contro i genitori, di voli fuori dalla finestra scaraventate da padri imbufalitié[...]
Ma l’infanzia finisce e l’adolescenza stravolge tutto, Lila non può proseguire gli studi perché i genitori sono troppo poveri. Solo Lenù continuerà la scuola e sarà l’unica sua ricchezza, l’unica forza.
Questa è la storia dell’evolversi della vita attorno a quella stretta di mano nata durante l’infanzia. Le bambine crescono, cambiano, si osservano, si invidiano, si stimano, si amano. Sono l’una l’amica geniale dell’altra, lo specchio dentro cui osservare se stesse e la povertà di Napoli.
Non è questo un romanzo dalle grandi rivelazioni, di quella violenza del sud incancrenita e tramandata di generazione in generazione s’è già parlato molto, da Sciascia fino a Saviano. Eppure la scrittura luminosa di Elena Ferrante imbriglia la lettura e la trascina. E la storia è viva più che mai, le due ragazzine crescono sotto i nostri occhi con tutte quelle sfumature psicologiche che danno un’impronta profonda alla narrazione. La casa editrice e/o ha annunciato per i prossimi mesi altri volumi di Elena Ferrante sulla giovinezza, la maturità e la vecchiaia delle due amiche ‘geniali’. Sarà un raro esempio di romanzo di formazione italiano?

RECENSIONE
Sarà un raro esempio di romanzo di formazione italiano?
No.
No.
No.
Non bastano una candidatura al Premio Strega 2015 né gli osanna di giornali o di “blogger influencer della letteratura” a fare di questa saga un capolavoro.
L’ho letta tutta, non potete immaginare quale fatica immane sia stata arrivare alla fine del quarto e grazie al cielo ultimo volume.
Tanto per cominciare, la gran rottura di scatole degli aggettivi scontati e degli accostamenti più che prevedibili: si comprende cosa le sfigate protagoniste faranno venti pagine prima che il “fattaccio” accada e lo stesso dicasi per tutta la buffa corte dei miracoli che si portano appresso sullo sfondo di una Napoli talmente inverosimile che sembra l’ambientazione postatomica dell’anime di Ken Shiro con il 5x1000 alla Chiesa Cattolica annesso.
La narrazione scorre ma non decolla, non ci sono quegli elementi necessari per trasformare questa “opera magna” in un vero romanzo di formazione, spesso le scene sono buttate a caso e già dal secondo volume si evince che la Ferrante ha capito come far soldi ma non come scrivere bei libri.
E poi basta narrare al presente, che palle!
È una storia infantile, di quelle che leggi per far passare il tempo o se vuoi addormentarti.
Dulcis in fundo, viene il dubbio di sapere se chi ha seguito questa saga lo ha fatto per scoprire come finiva la storia o per sapere chi si cela dietro il misterioso pseudonimo di Elena Ferrante.

“Era stata colpa sua. In un tempo non troppo distante – dieci giorni, un mese, chi lo sa, ignoravamo tutto del tempo, allora – mi aveva preso la bambola a tradimento e l’aveva buttata in fondo a uno scantinato.”

GIUDIZIO
Non ci siamo.