TITOLO: Il capolavoro
AUTORE: Cinzia Tani
GENERE: Storico
PREZZO: 17 euro
PREZZO
EBOOK: 9,99 euro
CASA
EDITRICE: Mondadori
TRAMA
Ushuaia,
1978. Cristina Torres è una bella ragazza ventottenne che fa la guida alpina
sui ghiacciai. Tornando a casa dopo un'escursione scopre che la madre è stata
uccisa e il padre è scomparso, mentre un altro misterioso omicidio avviene
nella apparentemente tranquilla cittadina della Terra del Fuoco. Tra Cristina e
il padre Roberto c'è un rapporto molto speciale da quando l'uomo l'ha adottata
all'età di cinque anni e l'ha educata con infinito amore e dedizione per farne
il proprio "capolavoro".
Decisa
a ritrovarlo a tutti i costi, Cristina parte per un viaggio che la porterà
dalla Patagonia fino a Buenos Aires, attraverso un paese oppresso dalla
dittatura di Videla.
In
parallelo seguiamo le vicende di Dominic Klammer, un neurologo che nella
Germania nazista prende parte al progetto dell'Aktion T4 nel castello di
Hartheim, cercando di contrastare il protocollo volto all'eliminazione dei
malati di mente. La sua è una lotta silenziosa, clandestina, che gli permette
di salvare molte vite. Nel 1945, quando Berlino è assediata dalle bombe e i
russi sono alle porte, Dominic conosce la dolce Magdalena che lo salva dalle
macerie. La sua vita è a una svolta.
RECENSIONE
Mi si consenta giusto un’osservazione:
che razza di definizione è “Narrativa italiana moderna e contemporanea (dopo il
1945)”?
Devo perdere cinque minuti della mia
vita a digitare questa assurda definizione anziché “romanzo storico”?!
Cinzia Tani è una bravissima scrittrice,
di lei avevo già letto “Assassine” (ecco piuttosto, dovrò recensirlo!) dunque
non avevo dubbi su questo libro.
Solo che...
No dai, partiamo dal principio.
La storia è bella, non poteva essere
altrimenti. Snodandosi fra la Seconda Guerra Mondiale (ma ci avete fatto caso
che tutti prima o poi scrivono su questo argomento? È ancora un filone di
tendenza, in fin dei conti, un po’ come scrivere sui vampiri) e l’America
Latina delle grandi dittature l’autrice interseca i destini di Cristina,
Dominic e delle persone che costellano le loro vite.
Richiama un po’ “Il vincitore è solo” di
Coelho per il modo di intrecciare i destini dei personaggi saltando da un’epoca
all’altra, da un ricordo all’altro, da un protagonista all’altro.
Per fortuna è giostrato bene, quindi non
pesa.
Cos’è che allora mi fa storcere il naso?
Lo stile narrativo.
Non trattandosi di un breve romanzo
introspettivo, né di una grande opera epistolare con annesso rischio sonnifero
(vedere Marguerite Yourcenar e il suo Adriano, che ce ne scampino!) leggere 357
pagine scritte in prima persona presente indicativo è come sapere di dovere
andare a scuola e avere un compito di matematica, un’interrogazione di greco e
una versione di latino.
Meglio prendere il martello di Harley
Quinn e darselo sulle ginocchia, per intendersi.
Capisco tutto, ma non sempre questa
nuova idea del “oh sì, raccontiamo tutto come se stesse accadendo adesso”
funziona: bisogna capire quando è il caso di usare questo stile narrativo e
quando il caro, vecchio, rassicurante “c’era una volta, terza persona
singolare, tempo passato remoto”.
Alla fine del libro ero così contenta
che sono uscita fuori a farmi una passeggiata al parco, tanto per liberarmi la
mente dal peso di una narrazione che scorre a fatica. Come il Mister Muscolo
quando hai il lavandino ingorgato.
Perciò mi spiace tanto, ma il nuovo
romanzo di Cinzia Tani non incontra la mia completa simpatia.
Non è da buttare, si intenda, però non è
neppure uno dei migliori libri dell’autrice.
“Cristina
si volta di scatto perché un gabbiano le passa a pochi centimetri dalla testa
stridendo forte.”
GIUDIZIO
Non va né su
né giù, come la parmigiana di melanzane di mia nonna.